Come vi avevo accennato nel post sulla Val d’Orcia, Radicofani merita uno spazio a sé. Il borgo e il suo castello sono estremamente suggestivi, così come le vicende del ladro gentiluomo più famoso della Toscana, una sorta di Robin Hood nostrano.
Ecco la storia della rocca di Radicofani e del brigante Ghino di Tacco:
Radicofani
Radicofani è un borgo davvero particolare, situato alle pendici di una collina basaltica alta 896 metri e sovrastato da un’imponente rocca eretta in cima allo sperone di roccia. Non si sa esattamente quando fu costruita, sebbene le prime testimonianze risalgano all’anno 973. La torre, all’epoca, serviva indubbiamente per osservare e controllare chiunque passasse per la via Francigena, la famosa strada pellegrina che va da Canterbury a Roma.
Grazie alla sua posizione stretegica e inespugnabile, la rocca di Radicofani fu spesso al centro di contese e lotte, soprattutto tra Siena e il Papato. Fu addirittura rasa al suolo e ricostruita da senesi stessi, che non contenti distrussero e modificarono persino il sentiero per raggiungerla. Insomma, tutti la vogliono ma nessuno realmente se la piglia.
Ghino di Tacco
Ed è qui che entra in scena il nostro antieroe Ghino di Tacco. Nato nella seconda metà del XIII secolo, il giovane crebbe in una famiglia di rapinatori. Suo padre e suo zio, infatti, venero torturati e giustiziati in Piazza del Campo a Siena quando Ghino era solo un ragazzo. Sfuggito alla condanna per la sua giovane età, il brigante in erba sparì dalle scene per qualche anno, cercando di sfuggire alla sorte dei suoi parenti.
Qualche anno dopo, Ghino di Tacco riprese l’attività di famiglia e fu bandito dal territorio del Comune di Siena per aver preso illegalmente il possesso di una roccaforte. Ghino, in tutta risposta, decise di occupare proprio lei, la tanto ambita e impenetrabile Rocca di Radicofani. All’epoca, infatti, la fortezza era sì in territorio senese, ma praticamente al confine con lo Stato Pontificio. Dopo averla espugnata, Ghino si stabilì nel castello e lo usò come suo covo.

L’unica torre rimasta della Rocca
Le scorribande dell’abile brigante continuarono dall’alto della Rocca. Ghino di Tacco, infatti, si appostava e faceva delle imboscate a chiunque passasse per la Via Francigena informandosi sui loro beni e averi. A quel punto, offriva ai malcapitato un banchetto e li derubava lasciando loro l’indispensabile per sopravvivere e arrivare a Roma. Questo beffardo destino, però, non capitava a chiunque, ma solo ai ricchi. I poveri e gli studenti – spesso sinonimi – potevano proseguire liberamente. Per questo, Ghino di Tacco venne soprannominato il “ladro gentiluomo”, una sorta di Robin Hood toscano.
La fama e la notorietà, si sa, danno alla testa. Ghino si recò a Roma alla ricerca del giudice Benincasa da Laterina, l’uomo che aveva condannato a morte anni prima suo padre e suo zio. Lo trovò e lo decapitò, infilzando la testa su una picca successivamente esposta proprio a Radicofani. Grazie a questo gesto teatrale che gli conferì una sorta di aurea crudele e spietata, Ghino di Tacco continuò le sue scorribande indisturbato e divenne addirittura il protagonista di alcune novelle letterarie dove veniva dipinto quasi come un eroe.

Il monte Amiata visto da Radicofani
La più famosa è indubbiamente la storia narrata nel Decameron di Boccaccio. L’Abate di Cluny, tornando da Roma, decise di fermarsi alle terme di San Casciano dei Bagni, per curare il suo cronico mal di stomaco. Ghino, dopo aver saputo delle ricchezze dell’uomo di chiesa, decise di rapirlo senza però torcergli un capello. Lo rinchiuse nella torre nutrendolo solo di pane, fave e Vernaccia di San Gimignano, un vino bianco tipico della zona. Questo regime ferreo forzato fece guarire lo stomaco dell’abate, il quale chiese persino al papa Bonifacio VIII di perdonare il brigante gentiluomo per l’assassinio del giudice.
Boccaccio non fu il solo personaggio illustre a citarlo nelle sue opere. Dante, da bravo guelfo, inserì il ghibellino Ghino di Tacco nel Purgatorio mettendo in risalto la “fierezza” del brigante, una qualità che può avere accezioni negative – ferocia, crudeltà – o positive se riferite al coraggio. Nonostante l’inclinazione politica differente, però, Dante non lo condanna in maniera diretta come invece ha fatto con altri personaggi meno simpatici – vedi il papa Bonifacio VIII finito all’Inferno. Benvenuto da Imola, invece, lo descrive come un ” uomo mirabile, grande, vigoroso”. Insomma, un antieroe a tutti gli effetti.

Ghino perdonato dal Papa
La morte di Ghino è altrettanto misteriosa ed eroica. Sembra, per assurdo, che sia rimasto ucciso mentre tentava di sedare una rissa tra contadini a Sinalunga, non lontano da Siena. Il resto è leggenda.

La statua dedicata a Ghino di Tacco
In tutto ciò, cosa è successo alla Rocca di Radicofani dopo la morte del nostro Robin Hood? Come d’abitudine, la Rocca fu contesa diverse volte fino a passare finalmente nel 1458 a Siena. Dopo pochi anni, passò al Granducato di Toscana e nel 1735 fu distrutta dal suo signore Piero da Piancastagnaio per vendetta. L’avevano, infatti, rimosso dal suo incarico. No comment. Purtroppo la fortezza rimase un rudere fino al ‘900, quando iniziarono i veri e propri lavori di ristrutturazione.
Chissà che lo spiriti di Ghino non si aggiri ancora tra le campagne, pronto a spaventare i ricchi e a lasciar passare i poveri. Che ne dite?
Questi luoghi poco conosciuti e ricchi di storia sono davvero interessanti. In Italia ne abbiamo molti ed andrebbero meglio valorizzati!
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Sai che non conosco questo posto? ogni angolo in Iralia sembra pieno di cose da vedere che non basterebbe una vita intera! 🙂
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Conosco, ma solo di nome, laval d’orcia che credo sia bella come il resto della Toscana . Non conoscevo invece questa storia
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Che bel posto e che racconto interessante! Non lo conoscevo per niente, sebbene sia toscana! Che vergogna…😂
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Premetto che adoro la Toscana, ma questo posto e soprattutto la storia di questo Ghino (il Robin Hood all’italiana) mi ha veramente appassionata. Dovrò inserire anche questa Rocca nel mio giro in Toscana del prossimo anno.
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Molto interessante questo post su Ghino di Tacco. Mi hai fatto tornare indietro ai tempi dell’Università, in particolare all’esame di letteratura medievale. Davvero un periodo indimenticabile per me.
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Ci sono veramente dei pezzi di Italia che mi vergogno di non avere mai visto!
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Ho già sentito il nome di questa rocca, ma non la conoscevo. Adoro esplorare i castelli e fantasticare sul loro passato.
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Sono stata in Val d’Orcia lo scorso inverno a Capodanno un posto meraviglioso dove tornerei anche subito!Purtroppo non sono riuscita a vedere la zona di Radicofani e un sacco di altri posti che avrei voluto vedere. La storia del brigante mi era del tutto sconosciuta.
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Brava, sono piccoli angoli della nostra storia da preservare. Tutta la Toscana è piena di luoghi in cui troviamo la targa di qualche evento legato a personaggi ricordati nella Divina Commedia, e allora la nostra memoria fa uno sforzo per rintracciarli nel bagaglio scolastico 🙂
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Vero, sarebbe bello fare un viaggio sulle orme di Dante 🙂
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che bel posto! e che forte la storia del brigante buono!
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Sono stata diverse volte in Val d’Orcia ma non conoscevo né questa rocca né la sua storia! Grazie di questo racconto!
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Ciao! Che bellissimo post! Me lo sono stampato perché ho intenzione di farlo leggere ai bambini come una “favola” la storia di Ghino! Bravissima hai uno stile di scrittura piacevole e accattivante
Lorenza
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Ti ringrazio, mi fai arrossire! Spero ai bambini sia piaciuto!
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Bellissimo luogo che merita una visita non appena si potrà tornare a viaggiare e interessante la storia di Ghino di Tacco.
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Bellissima storia, mi ricordavo il nome dai tempi della scuola ma non ricordavo più i dettagli e non sapevo che fosse vissutoin questa rocca, info preziosa! Grazie
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